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Messaggio  ernesta Lun Set 29, 2008 5:45 pm

Unità: Salviamo la scuola
29-09-2008
di Marina Boscaino
Lucia Marchetti, insegnante, mi inoltra questa mail, inviata al suo concittadino, l’onorevole Dario Franceschini: «Sono una cittadina ferrarese, elettrice del Pd, e le scrivo per chiedere la seguente cosa: ma come si permette il ministro ombra Garavaglia di plaudire al papa circa la parità tra scuola pubblica e scuola paritaria?». Tempo fa, alla vigilia delle elezioni, un’inchiesta di questo giornale rivelò come, nonostante qualche perplessità, il cuore della scuola battesse ancora a sinistra. Fermo restando che sarebbe utile interrogarsi su cosa voglia dire - oggi - sinistra, più della metà della scuola italiana ha confermato il suo orientamento verso l’area politica che usiamo chiamare così. Da allora sono passati mesi che hanno concretizzato - al di là delle più fosche previsioni - l’idea di scuola che il centro destra ha; e che sta violentemente portando avanti a colpi di decreto legge. A proposito: ha idea, il ministro Gelmini, quando fa le sue demagogiche “improvvisate” a Scampia, che per combattere la dispersione ci vogliono insegnanti e tempo scuola disteso?
Alla grande mobilitazione nazionale di queste settimane (insegnanti e genitori delle scuole primarie) ha fatto seguito una risposta piuttosto debole dei partiti. Oggi, a Roma, il convegno del Partito Democratico «Salva la scuola» ci aiuterà a comprendere il progetto che quello che continua ad essere il referente politico di molti insegnanti intende seguire. E quali saranno - concretamente - le risposte alle scorribande del governo in materia di istruzione, di diritto allo studio, di tutela del lavoro. Effettivamente i contributi che fino ad ora il ministro ombra Garavaglia ha dato al dibattito non sono stati particolarmente incoraggianti; come nel caso - appunto - del non richiesto plauso alle dichiarazioni del papa sulla effettiva parità delle paritarie con la scuola dello Stato. Una questione aperta con la legge del ministro Berlinguer (quello stesso che in un’intervista della scorsa settimana ha sostenuto la validità dell’azione di Gelmini), che ha consentito un’erogazione continua di danaro pubblico alle scuole paritarie e la conseguente violazione della Costituzione («Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato», art. 33).
Sin da aprile il programma sulla scuola del Partito Democratico non è sembrato tale da marcare una differenza rilevante con l’impianto neo liberista che caratterizzava quello del Partito delle Libertà. Sarebbe necessario, oggi, uscire allo scoperto con una presa di distanze decisa e definitiva rispetto ad alcune delle questioni caratterizzate da ambiguità. Sarebbe utile che la manifestazione di oggi non fosse esclusivamente una risposta necessaria alla mobilitazione di questi giorni e la strumentale e formale occupazione di postazioni rispetto ad una problematica attualissima e drammatica; che non fosse la solita parata, la vetrina autoreferenziale delle consuete voci (che parlano in nome di chi? per conto di chi?); che non si limitasse all’ovvia stigmatizzazione di una politica di (d)istruzione della scuola pubblica - che è purtroppo sotto gli occhi di tutti - a partire dall’unico settore che funziona realmente - la scuola primaria - che integra, che crea cittadinanza, che abitua alla convivenza civile, che educa. Ma che fosse un momento di elaborazione realmente condivisa; l’inizio di un dialogo serrato con il mondo della scuola, che ogni mattina si alza e va a lavorare; che frequenta le aule docenti; che trascorre ore con bambini e ragazzi; che sa che quelli del grembiulino e del voto in condotta (così come “l’errore” sull’insufficienza che determina la non promozione, la vittoria di Pirro per la quale l’informazione si è tanto scaldata) sono questioni di lana caprina, rispetto ad una scuola che agonizza tra un oblio e un altro. E, oggi come cinque anni fa, rialza la testa non grazie alla politica, ma alle proprie energie e alla propria dignità: ce lo hanno ricordato le manifestazioni di sabato. Lavoratori in piazza. Famiglie in piazza.
La democrazia è rappresentanza e partecipazione; viviamo uno strano momento di sospensione, in cui entrambi questi fattori sembrano sbiaditi: un curioso piano che trascende tutti noi sembra incombere, paralizzandoci. I giochi si fanno sempre altrove; le decisioni vengono prese sempre in un altro luogo. Limitarsi ad osservare in silenzio è il modo migliore per rinunciare a principi e idee. Ma occorre pure che chi è stato delegato a legiferare si faccia carico di individuare spazi di ascolto per chi ha firmato la cambiale in bianco, sulla fiducia. Oggi il Partito Democratico ha una buona occasione: quella di dimostrare di aver riflettuto sul fatto che tra i propri elettori ci sono Lucia Marchetti, insegnante, e tanti come lei. Che sono stanchi di sentir fare (anche nel proprio nome) affermazioni sconcertanti. E di sentire parlare di scuola in modo approssimativo e banale.
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Messaggio  StePv Mar Set 30, 2008 6:04 pm

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